Yesterday's papers: La sinistra inefficace di Michela Arricale
La rielezione di Trump continua ad essere la notizia principale di ogni discussione, che per ora sembrano polarizzate tra due fronti:
- quelli che pensano che Trump salverà il mondo portando pace e prosperità,
- quelli che pensano che Trump sia il male assoluto, con in più, un un tocco di imprevedibilità psicopatica da cattivo dei film di Bat-man.
Ovviamente tutti e due sbagliano.
L’elezione di Trump è un cataclisma per il Medio Oriente, l’America Latina, la Cina...forse solo dell’Ucraina se ne frega.
Ma se è per questo pure la Harris da questo punto di vista è un disastro.
Entrambi i fronti reiterano un presupposto ormai fallace, è cioè che gli Stati Uniti siano ancora il perno del mondo intero, in grado di trascinare tutti con se ovunque decida di andare, ma per fortuna non è più così.
Da questo punto di vista, è cioè per come sono cambiati i rapporti di forza e le relazioni internazionale dal 2016, oggi, nel 2024 Trump fa meno paura.
Se nel 2016 era la scheggia impazzita di un sistema ben oliato, arrivato a far esplodere le contraddizioni nello stesso schieramento interno del capitale legato al dollaro, oggi invece quel sistema è già in pezzi e in piena lotta, ma è una lotta che non ci riguarda...stanno litigando per decidere chi dovrà guadagnare di più dallo sfruttamento delle nostre esistenze, non lasciamoci rincretinire.
Io però oggi mi voglio concentrare su un’altra cosa, e cioè quanto ci vuole per capire che la reotrica del “tutti insieme contro la destra”, in difesa di non meglio precisati diritti ( quali diritti?), i campi larghi con i liberali costruiti contro il nemico di turno, non funzionano.
Non solo non funzionano, ma stanno facendo vincere la destra ovunque.
La campagna di Kamala Harris si è concentrata tutta sull’essere anti-trump e sull’evocazione di chissà quali pericoli per la democrazia statunitense.
Nessuna visione, nessuna strategia, solo essere contro. Sono uguali a quelli del nostro campo largo: sono contro Meloni e basta, e cercano di raccogliere consenso e allargare il fronte su questo fatto.
E per questo hanno perso e continueranno a perdere.
Lo hanno fatto in Germania contro l’AFD, condannandoli al successo. In Spagna con Vox, in Francia con LePen, in Ungheria con Orban. E pure in argentina con Milei: di fronte all’emergere di questi movimenti nazionalisti di destra con grande presa popolare, l’unica cosa che la sinistra liberale riesce a fare è evocare l’uomo nero.
Ma l’uomo nero – ancora non l’hanno capito- fa meno paura della fame, della disoccupazione e delle disuguaglianze. La destra da risposte sbagliate, odiose, fallimentari e menzognere.
Ma da delle risposte. Sei disoccupato? E’per colpa dei migranti che ti rubano il lavoro. Sei un emarginato problematico incapace di relazioni sociali adulte? E’ colpa dei gender che distruggono la famiglia tradizionale.
Emerge chiaramente, ovunque nel mondo, un rifiuto netto alle politiche neoliberiste che ci hanno imposto fin qua, ma chi c’è a raccogliere e organizzare questo scontento?
A livello internazionale ci sono i BRICS, e tutte le dinamiche multipolari di cui vi parliamo in continuazione.
Un vero e proprio processo di democratizzazione delle relazioni internazionali. La fase finale di quel processo di decolonizzazione iniziato nel secolo scorso ( anche se sotto altri riferimenti ideologici).
E’ un processo che si pone direttamente in linea con la dichiarazione di Bandung e la porta in vita, in ogni dichiarazione e in ogni passo che i PVS muovono.
In tanti Stati nazionali, un processo inverso, invece, a raccogliere e organizzare lo scontento troviamo i nazionalisti populisti di destra, secolare o religiosa.
Si intravedono infatti due grandi direttrici : quella dei partiti nazionalisti occidentali, i cui punti di forza sono il richiamo alla sovranità nazionale, protezionismo economico, retorica anti-immigrazione oltre ad un certo richiamo all’identità culturale e razzismo.
Nei Paesi mediorientali, invece, troviamo i partiti populisti di destra religiosa, che portano avanti le stesse direttrici retoriche, anche se declinate da una prospettiva peculiare, e al posto della generale identità culturale pongono ivence –appunto- la loro identità religiosa.
Dal punto di vista strettamente teorico, questi gruppi non sono compatibili: i gruppi mediorientali vedono l’occidente come il nemico, oppressore coloniale. Il loro è un nazionalismo “esterno”, perché il nemico viene da fuori ad imporgli modelli di sviluppo economico e culturale.
Il nostro,invece, è un nazionalismo “interno”, perché i nemici sono le cosiddette “elite globaliste” , i governanti “di sinistra” e la loro egemonia sull’amministrazione dello stato, compresa l’Unione Europea.
Che poi hanno ragione entrambi, entrambi colgono una prospettiva specifica, si concentrano su una o su alcune conseguenze del dominio capitalistico e danno la loro risposta.
Incompleta e sbagliata, certo.
Eppure è vero che le dinamiche di colonialismo “democratico” portato avanti dal Washington Consensus hanno condannato intere zone del mondo alla disperazione, alla guerra e alla povertà. Promettevano progresso, ma hanno lasciato morte e distruzione.
Il capitalismo come deisderio, per loro, è finito subito. Gliel’hanno imposto come obbligo, con le armi e l’oppressione politica
Nei nostri Paesi le politiche liberali ci hanno succhiato via diritti e rappresentanza politica, hanno svuotato la Repubblica degli strumenti che le servivano per garantire la dignitià di tutti i suoi cittadini. Hanno compresso le garanzie democratiche a favore dei profitti di pochi, e continuano a volerci spremere la vita per garantire che questi profitti continuino a crescere.
Di fronte a queste evidenze, la sinistra liberale ci ripropone le stesse ricette lacrime e sangue e gli stessi chef che ce le hanno cuvinate negli ultimi trent’anni, in una ministra sempre più disgustosa delle prcedenti.
E poi si meravigliano che la gente non li vota. Si meravigliano che votino chiunque, pure il diavolo, meno che loro. Stanno ancora piangendo per la vittoria di Trump dando la colpa agli elettori ignoranti, non all’insipienza e alla mancanza di strategie convincenti della Harris.
Dove le forze comuniste e socialiste riescono ad organizzarsi e dare risposte convincenti, come alle ultime elezioni in Francia ad esempio, o la Wagenacht in Germania, ecco che le persone rispondono in massa.
In Italia tutti i partiti comunisti portano ad esempio la strategia francese come esempio vincente da seguire, anche quelli che vorrebbero allearsi con il campo largo liberale, dimostrando di non aver capito niente non solo del fronte popolare di Melenchon, ma nemmeno delle dinamiche generali che guidano il nostro presente, e dandoci una dimostrazione pratica del motivo della nostra irrilevanza.
Per molte persone, la sinistra liberale rappresenta la politica delle promesse non mantenute e delle riforme sociali che non hanno mai realmente messo mano ai problemi strutturali.
Negli anni, infatti, si è sempre come una “il volto umano” del capitalismo: mentre promuoveva politiche di apertura e liberalizzazione economica, deregolamentava mercati e appoggiava tagli sociali che alla fine hanno ridotto le tutele per i lavoratori e amplificato le disuguaglianze.
Per il cittadino comune, la sinistra liberale non è stata quindi solo inefficace, ma ha svolto il ruolo di intermediario, di “maschera,” che ha facilitato alcune delle peggiori crisi economiche degli ultimi decenni.
Di conseguenza, il disincanto verso questa sinistra non è una semplice delusione politica: è una vera e propria sfiducia viscerale, quasi un odio.
La gente comune non vede nella sinistra liberale una forza che li protegge, ma anzi, una parte integrante del sistema che li danneggia.
In questo quadro, la retorica di unità contro il “fascismo” è percepita come vuota, perché manca di una reale alternativa economica e sociale.
E visto che la sinistra liberale, soprattutto negli ultimi anni, ha legato la propria identità pubblica quasi esclusivamente ai diritti civili, questo diventa il tema il “tema caratterizzante” su cui viene proiettata l’insoddisfazione generale, con le conseguenti intolleranze e polarizzazioni che purtroppo conosciamo.
Solo abbandonando questa sinistra liberale alle propria deriva riusciremo a ricostruire quel fronte politico credibile e incisivo di cui abbiamo bisogno per il nostro futuro.
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