Yesterday's Papers: La pazienza strategica di Putin e l'ottusità della NATO
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Due le notizie che hanno monopolizzato la nostra attenzione nei giorni scorsi: 1 –il mandato di cattura internazionale contro Nethanyau e 2- il cambio di scenario in Ukraina.
Sul criminale sionista Nethanyau vi ho rallegrato abbastanza nei giorni scorsi, e non si rilevano novità di cronaca rilevanti, ma ci tenevo ad aggiungere una cosa in generale sulla CPI e sul ruolo del diritto in questo conflitto.
La CPI ha emesso, in altro processo, lo stesso mandato di arresto anche contro Putin, eppure sappiamo che le valenze politiche di quei due giudizi sono opposti. La Corte non deve avere ruolo politico –reclamano tutti- e certo, dico io.
Ma il diritto non è neutro, e nemmeno è neutra la sua interpretazione.
A seconda dalla prospettiva che si scegli, il diritto può essere mezzo di conservazione del potere oppure mezzo di emancipazione e tutela delle persone dagli arbitri del potere.
Per noi, a livello interno, la costituzione ha scelto la seconda. A livello internazionale la battaglia è ancora aperta, ma i mandati di arresto contro Nethanyau e Gallant, però, vanno nella giusta direzione.
Avremo modo di tornare a rifletterci insieme, ma ora il numero 2: per la prima volta dall’inzio della guerra, Stati Uniti e Gran Bretagna autorizzano l’UKraina ad utilizzare le armi da loro fornite per attaccare in profondità in territorio russo. Zelensky non se lo fa ripetere due volte, e subito spara le sue cartucce con attacchi su obiettivi situati nelle regioni di Bryansk e Kursk nei giorni del 19 e 20 novembre utilizzando armi di produzione statunitense prima e inglese poi.
Questo avvenimento ha cambiato istantaneamente i connotati della guerra, perché?
Perché quelle armi non possono essere utilizzate senza il coninvolgimento attivo di personale dei paesi produttori.
Gli ukraini quelle armi non le sanno usare e non c’è tempo di insegnarglielo e –pertanto- per usarle oltre all’arma in se – i paesi donatori devono metterci pure del personale a prendere la mira e premere il grilletto o qualunque cosa serva per sparare missili.
E questo, in sostanza, significa che USA e UK sono diventati belligeranti attivi.
La Russia non ha tardato a reagire, ed anzi, lo ha fatto lasciando tutti di stucco.
E quando dico tutti, intendo il magico cerchio delle democrazie occidentali, così impegnate nella narrazione propagandistica di un Putin malato, moribondo e sconfitto o comunque sull’orlo della disfatta, da crederci davvero.
Putin ha reagito con un test sul campo di un arma che, a sentire gli addetti ai lavori, non si era mai vista prima: il 21 novembre scorso ha lanciato un missile blaistico a medio raggio, armato con testate ipersoniche non nucleari, capace di arrivare a colpire il bersaglio con una velocità mach10, 3kilometri al secondo, chiamato ORESHNIK.
Il giorno seguente, il 22 Novembre, con un discorso alla tv di Stato, ha rivendicato il successo del test missilistico ed ha chiarito che l’effettivo dispiegamento di ORESHNIK sul campo, così come quello di altre armi a medio e lungo raggio fin’ora tenute nel cassetto, dipenderà da come decideranno di comportarsi in futuro la NATO e i suoi alleati.
Putin chiude il discorso ricordando di essere sempre protno ad una soluzione pacifica, ma di essere altrettanto pronto a tutti gli scenari dovessero presentarsi.
E, soprattutto, ha certificato quello che dicevamo prima: il conflitto ha assunto una dimensione globale con l’intervento diretto di personale USA e UK in operazioni belliche contro il suolo russo, e pertanto la Russia si sente autorizzata ad utilizzare queste nuove armi contro tutte le infrastrutture militari dei paesi coinvolti.
Significa non solo il suolo Inglese o statunitense, ma tutte le loro infrastrutture militari, comprese quelle in Italia.
Ancora una volta, la Russia esercita grande pazienza strategica e risponde in maniera assolutamente proporzionata e razionale, evidentemente finalizzata alla deterrenza: una risposta orientata contro un complesso industriale ukraino, anche se con un arma dal potenziale immensamente più distruttivo di quello effettivamente esercitato con il test.
Una risposta che dice: "ehi, guardate che sul serio possiamo colpire molto più forte di così, siete davvero sicuri di voler continuare su questa strada?"
Ed in effetti qualche effetto lo ha avuto, soprattutto su chi ne capisce di armi e cose di guerra. Anche il nostro generale Tricarico si è lasciato sfuggire il fatto che non c’è, oggi, un sistema di difesa in grado di neutralizzare un missile ipersonico come quello.
La NATO si è affrettata a convocare una riunione di urgenza, prevista per domani 26, forse proprio per valutare come comportarsi. Se persistere o reagire....
Persistere in cosa? Beh, l’atteggiamento espresso dalla NATO fino al giorno prima del lancio russo è da guerra totale e a tutti i costi, ed anzi...a sentire quello che dicono dovremmo esserne ben preoccupati anche noi.
Ad esempio c’è RUTTE , il quale - a margine del Consiglio Europeo degli Esteri con focus sulla Difesa, che si è tenuto lo scorso 19 Novemrbe - ci anticipa che il 2% dei bilanci nazionali per la difesa non è un punto di arrivo, ma solo un punto di partenza, e che avremo bisogno di più e sempre di più e ancora di più per sostenere non solo lo sforzo bellico ucraino, ma anche la creazione di un vero e proprio apparato industriale militare in grado di sostenere ogni tipo di sfida il futuro vorrà presentarci.
Rimarcava l’obiettivo di far prevalere l’Ucraina e sollecitava, a tal fine, tutti i Paesi membri a non mettere restrizioni all’uso delle armi che pure vengono fornite a Zelensky &C.
Era lo stesso giorno dei primi attacchi ucraini in profondità con armi USA. Il giorno successivo, il 20, giorno dell’attacco con armi inglesi, a chiarire quale sia la postura che la NATO si aspetta dai Paesi Membri ( compreso l’Italia, quindi) c’è l’ammiraglio BAUER, capo del comitato militare, intervenendo alla conferenza per la sicurezza a Berlino.
Il discorso dell’ìammiraglio fa venire i brividi ancor più di quello di RUTTE: non possiede l’arte mistificatoria dei politici e dei portavoce di professione, veicola i messaggi in modo marziale, chiaro e netto, e ci offre una visione altrettanto chiara di quello che sembra ci proporrà il prossimo futuro ( andatevi pure a leggere il discorso integrale sul sito istituzionale della NATO, non sono segreti di Stato è tutto pubblico e pubblicizzato).
Fa il solito appello al sostegno all’Ukraina, anche se sceglie una strana combinazione di parole, dice infatti: perché hanno dimostrato di saper sopravvivere e sopportare la sofferenza più dei russi ( tradotto: stanno perdendo male e nonostante questo stanno ancora reggendo la parte).
Ma la parte peggiore viene dopo, quando ci anticipa che nei prossimi anni dovremo concentrarci sull’idea che la sicurezza non è una cosa che più essere appaltata solo ai militari, e qui riporto alla lettera. “Dobbiamo capire che una forte deterrenza ha bisogno di una forte resilienza, e che questo richiede la partecipazione attiva di tutte le istituzioni, pubbliche e private, ma anche di tutti i cittadini. La guerra è un whole-society event (un evento che coinvolge tutta la società) e quindi anche la prevenzione della guerra deve esserlo altrettanto”
Figlia diretta dell’approccio NATO defence-360, invita ad assorbire lo stato di guerra in ogni livello della nostra esistenza, in una subordinazione totale e assoluta ai bisogni di questa.
Sollecita a coinvolgere i cittadini ( non certo nelle decisioni) ma solo per trovare il modo di fargli digerire meglio quello che- dal punto di vista della vita quotidiana- significherà per lui in terminindi mancata assistenza e tagliati diritti.
Suggerisce, allo scopo, una giusta propaganda che sappia “ben veicolare i motivi” per cui non possiamo proprio recedere da questa emorragia continua di soldi da investire nella guerra.
Certo sarà necessario rinunciare a qualche lusso ( dice proprio così Bauer- e per lusso credo si riferisca alla sanità e all’istruzione o a altre cose così) e che ci costerà sacrifici.
Come al solito, anche in guerra “partecipare” –per i nostri padroni- significa solo condividere le perdite, non certo contribuire a determinare una qualche decisione.
Insomma, questa era la postura della NATO al 20 novembre. Pronti a sacrificaresi non solo fino all’ultimo ucraino, ma anche fino all’ultimo europeo, per la maggior gloria degli interessi egemonici degli USA.
Poi il 21 Putin ha lanciato il missile ipersonico, suggerendo di ponderare attentamente un ripensamento della postura.
Delle persone intelligenti tornerebbero sui propri passi, o quantomeno si fermerebbero a riflettere.
Eppure temo che i nostri governanti, invece, utilizzeranno questo missile per giustificare un’ulteriore esclation, lanciandoci dritti verso la guerra combattuta con testate nucleari, mentre continuano a rimbambirci tra propaganda e bisogno. Domani vedremo cosa dicono...
E a questo punto io mi chiedo: MA come cazzo è possibile che non si parli solo di questo a reti unificate?
C’è gente che ha già fatto l’albero di Natale e sta friccicando per il black Friday per comprarsi il pelacalli elettrico come se niente fosse cambiato negli ultimi 5 anni.
Ieri sera, in primo piano su Repubblica on line, in ordine di apparizione e quindi –immagino- di importanza per la collettività, c’erano una serie di articoli su Berrettini e il tennis, poi un orso intrappolato con la testa in un secchio, una clip di Crozza della sera prima, la notizia dell’uccisione di un rabbino negli emirati con articoli di commento sull’ucciso, e solo dopo infine un articolo di commento -e non di cronaca- su Putin e i suoi piani malvagi di conquista dell’universo, con tanto di foto mefistofelica.
Meno male che c’è radiograd! Ci sentiamo alla prossima!
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