Yesterday's Papers: Il piano Meloni di Michela Arricale



Edizione del 21 ottobre 2024 - 343esimo giorno di genocidio

 È stata una settimana di fuoco per il governo, che, sul fronte internazionale, viene bombardato dai suoi stessi alleati senza neppure potersi incazzare a dovere (mi riferisco agli attacchi dell’esercito israeliano contro le postazioni Unifil), che forniscono una chiara rappresentazione plastica di quanto contiamo in seno all'Alleanza Occidentale.

Apro una piccolissima parentesi: c’è stato il G7 della difesa e si sono limitati ad esprimere preoccupazione per gli attacchi contro l’Unifi e basta.

 Leggere quella dichiarazione è davvero faticoso, perché esprime un grado di dissociazione dalla realtà che fa spavento, ma vi invito a farlo voi stesse in prima persona. Così capirete che non esagero.

Sulla questione mediorientale, hanno ovviamente condannato Hamas, colpevole di aver scatenato la furia messianica di Israele. È colpa dell’Iran, perché è cattivo, e certamente di Hezbollah e degli Houthi. È colpa di tutti, tranne dell’unico colpevole reale.

 Non sono riusciti a dire nemmeno una parola su Israele, sul genocidio dei palestinesi, niente, e sull’invasione del Libano, niente contro l’attacco terroristico compiuto con i cercapersone, niente di niente. Come se non fosse mai successo. Chiusa parentesi.

E sul fronte interno, la mega figura di cacca sulla questione “deportazione Albania”, con la non convalida del trattenimento da parte dei giudici nazionali e il conseguente altolà/dietrofront/torniamo in Italia.

Che cosa è successo? Nell’idea di gestione del fenomeno migratorio che ha il governo Meloni, i migranti che non riesce ad uccidere in mare attraverso gli ostacoli normativi e burocratici apposti alle missioni di salvataggio, quando toccano terra devono essere rinchiusi. 

Sono criminali per principio. Non esseri umani in fuga disperata verso la sopravvivenza, ma criminali, colpevoli di non essere nati dalla parte giusta del mondo e di non avere i documenti in regola.

Irregolari, non criminali, ma comunque fuorilegge. Visto che non bastava rinchiuderli in quel buco nero dell’umanità che sono i CPR sul suolo nazionale, Meloni pensa che la buona vecchia deportazione coloniale potrebbe fare al caso nostro e ne crea una versione 2.0 in Albania, dove vorrebbe trasferire forzatamente i migranti maggiorenni di sesso maschile che provengono dai cosiddetti Paesi sicuri, e quindi candidati ideali per implementare quei rimpatri in tempi record che aveva promesso alle sue schiere.

C’è un piccolo intoppo in tutto questo: è tutto fuorilegge, contrario ai diritti fondamentali e alle norme costituzionali, nonché ai principi di dignità della vita umana che dovrebbero improntare la gestione della cosa pubblica. 

Ma non solo, i cosiddetti Paesi sicuri non esistono, concetto smontato dalla Corte di Giustizia Europea. 

La sicurezza di un Paese va sempre verificata in relazione al singolo caso di richiesta di protezione internazionale.

Sin da quando si è fatta venire in mente questa idea criminale, avvocati, associazioni ed esperti di diritti umani l’hanno avvertita: “Guarda che non si può fare.” 

Ma lei, dritta come un treno, talmente sicura del fatto suo, che non ha voluto aspettare nemmeno l’esito del giudizio di convalida del trattenimento per provvedere al trasferimento (che infatti è uscito due giorni dopo la partenza).

Trasferimento celebrato in pompa magna da tutti i media, cerimonie, applausi e pacche sulle spalle, fino a che – bum – interviene il Tribunale che non convalida il trattenimento e impone il rientro immediato in Italia dei poveri deportati. Ed ecco il finimondo: si apre il solito circo contro i “giudici politicizzati” che vogliono “sovvertire il voto popolare”, impedendo al governo di portare avanti i provvedimenti necessari per l’Italia.

Ora, io mi chiedo: a parte l’abominio giuridico in sé che rappresentano i centri albanesi, perché non aspettare quantomeno il provvedimento del giudice ed evitare questo viaggio inutile? Tutti sapevano che la decisione sarebbe stata emessa da un momento all’altro. Perché forzare questo viaggio?

Non è che – sai com’è, a pensare male si fa peccato, ma certe volte ci si azzecca – non è che, proprio perché sapevano che l’ordinanza sarebbe stata emessa da un momento all’altro e che sarebbe stata negativa, hanno voluto forzare il trasferimento a tutti i costi? Perché?

Beh, così da poter alimentare la propria crociata contro la magistratura! Loro hanno offerto una soluzione, ma i giudici comunisti gli impediscono di fare quello che vogliono (e sia ringraziata la tripartizione dei poteri), e così non possono risolvere i problemi come hanno promesso.

Insomma, trasferiscono il proprio fallimento (dovuto esclusivamente all’irrealizzabilità della proposta in un contesto democratico) sulle spalle della magistratura

Una soluzione che offre il doppio vantaggio di liberarli dalle aspettative sul tema e trasferire la rabbia dei loro elettori contro una categoria già assunta come nemico, preparando l’opinione pubblica a digerire la distruzione e decostruzione del potere giurisdizionale.

E qui che, invece, noi dobbiamo rizzare le antenne. Da una parte l’attacco all’indipendenza della magistratura, dall’altra la modifica degli equilibri tra i poteri con la riforma del premierato e, ancora, l’attacco al principio di uguaglianza e ai diritti fondamentali dell’autonomia differenziata. E per chi volesse protestare, abbiamo pronto anche il nuovo pacchetto sicurezza.

Non sono solo singoli provvedimenti vomitevoli analizzati singolarmente, ma rappresentano i pilastri di un chiaro disegno politico di disgregazione e dissoluzione dello Stato democratico, oltreché dello Stato tout court. E sia ben chiaro che tale disegno non è certo nato oggi, con il governo Meloni, ma poggia su trent’anni di riforme che, pezzettino dopo pezzettino, si sono rimangiati tutti gli spazi di giustizia e democrazia che ci eravamo conquistati.

Queste norme si rendono possibili oggi perché ieri ne hanno preparato il terreno e gettato le fondamenta.

  Prima della legge Calderoli, c’è la riforma del Titolo V e l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Prima del DDL 1660 c’è stato il decreto Minniti. Prima del centro-destra, c’è stato il centro-sinistra. Vestono colori diversi, ma camminano insieme e vanno dalla stessa parte, quella della definitiva dissoluzione dei poteri democratici a favore dei poteri delle multinazionali, dello Stato garante dei profitti privati, fondato sulle disuguaglianze e l’oppressione.

C’è un modo per opporsi a tutto questo ed è organizzarsi! Sabato scorso c’è stata una prima grande giornata di mobilitazione contro il decreto sicurezza e ieri, domenica, la prima assemblea per la costruzione di un’opposizione popolare a tutto ciò, che, a partire dal referendum contro l’autonomia differenziata, tenga insieme tutta questa prospettiva e ne combatta l’intero disegno.

Per avere informazioni e partecipare alla costruzione della mobilitazione, da soli o con il vostro gruppo/associazione/collettivo, mandate la vostra adesione alla mail: 1giugno2024@gmail.com.

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