Yesterday's Papers: La sceneggiata di Erdoğan - pace finta, repressione vera di Michela Arricale




Edizione del 24 maro 2025
(a seguire GR100 a cura di Radio100Passi)

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Fino a poco tempo fa, parlavamo di una Turchia  di fronte ad una svolta epocale : l’apertura alla pace con i curdi attraverso la democrazia, in un contesto di guerra sempre più pressante sembrava che la Turchia percorresse un sentiero contrario, la risoluzione di un conflitto armato con la democrazia. 

Non riuscivamo a crederci potesse essere vero, ci siamo fatti mille domande sul perché e sul percome, ed oggi possiamo dirlo: quando è troppo bello per essere vero, allora non è vero! Ed infatti Erdogan ci ha ben chiarito quale via alla fine ha scelto, e no –ahimè- non è quella della pace e della democrazia....ma quella della violenza e dell’autoritarismo

Tanto per chiarire: solo la scorsa settimana, la Turchia ha iniziato il lunedì bombardando un villaggio nei pressi di Kobanê, uccidendo tra gli altri 8 bambini. Mercoledì ha arrestatol principale rivale di Erdoğan alla presidenza, Ekrem İmamoğlu, sindaco di Istanbul, ed ha chiuso la settimana con oltre 400 arresti tra i manifestanti di Istanbul.

Oltre a quello che ha fatto, c’è quello che NON ha fatto e che pure avrebbe dovuto: non ha fatto alcun passo concreto per dimostrarci che quella apertura al PKK e ad Ochalan fosse un passo in buona fede verso la pace

Il PKK si dimostrato pronto a negoziati di pace seri da decenni, e sembrava che anche il governo turco avesse riconosciuto che ciò sarebbe stato nel suo interesse, d’altra parte –dopo 41 anni di guerra- la situazione è di stallo sostanziale: lo stato turco non ha cancellato il PKK né lo ha smosso dalle proprie posizioni

La guerra infinita sta dissanguando l’economia del Paese, in una crisi economica che si aggrava sempre di più, e i cambiamenti nei rapporti di forza nella regione stanno portando un nuovo nucleo di interesse e sostegno al popolo curdo , i quali comunque sono certamente stanchi della guerra, e se ne avessero la possibilità, sceglierebbero la pace piuttosto che un futuro incerto in balia dei giochi di potere regionali. 

Erdoğan, in calo di popolarità, ha bisogno di qualcosa che gli restituisca consenso a livello interno

Erano queste le cose che ci dicevamo e con le quali abbiamo alimentato il nostro ottimismo, ma come al solito, la realtà si impone in maniera brutale

Forse stiamo assistendo agli effetti visibili di disaccordi interni su dove potrebbero portare questi colloqui, oppure questa apertura è stata fin dall’inizio concepita come una distrazione o -ancora meglio- una trappola – un modo per incastrare il Movimento di Liberazione Curdo, proponendo una pace fatta solo di parole, e attribuirgli la responsabilità del fallimento dell’intero processo, mentre in realtà si è garantiva fin dall’inizio che questo non potesse avere successo.

Quando il PKK ha risposto positivamente e immediatamente all’appello di Öcalan per la dissoluzione della sua forma armata, ha chiarito che ciò avrebbe richiesto garanzie legali e costituzionali, oltre alla possibilità di tenere un congresso in cui dialogare direttamente con Öcalan. Il PKK, da parte sua, ha dichiarato immediatamente un cessate il fuoco in attesa degli sviluppi, ed è chiaro che la palla era ora nel campo di Erdogan. Che come ha risposto?

Intensificando gli attacchi contro il PKK. 

Molti aderenti al PKK non sono ancora convinti della necessità di deporre le armi, e l’unico che potrebbe persuaderli è Öcalan, il quale “deve avere l’opportunità di partecipare attivamente a questo processo”, di “essere libero” e di “agire liberamente”. 

Le autorità avevano assicurato che ci sarebbero stati immediati cambiamenti nelle condizioni di detenzione a İmralı, sin dalla settimana successiva all’appello.  Sono passati venti giorni e invece non è cambiato niente 

Ochalan nel suo appello lo aveva detto: siamo pronti a trasferire il conflitto dal piano delle armi a quello politico e democratico SE LE CONDIZIONI LO PERMETTONO

Il PKK infine aveva chiarito: siamo un partito e solo il congresso può prendere la decisione di sciogliersi e abbandonare le armi, e così accogliere l’invito di Ochalan. Ma per fare questo congresso c’è bisogno che le condizioni politiche lo permettano, e quello che è successo negli ultimi giorni forse è sintomatico del fatto che tali condizioni non ci siano

Non ultimo, l’arresto di Imamoglu

Il sindaco di Isanbul, infatti, tra le altre cose è stato accusato di sostegno al terrorismo del PKK ( con ciò facendo riferimento agll’avvicinamento del DEM party –il partito filo curdo – al CHD, il partito repubblicano a cui appartiene Imamoglu, concretizzatosi in alcune alleanze elettorali alle ultime amministrative) con ciò dimostrando con i fatti di continuare a non considerare il DEM party un legittimo attore politico. una prova ulteriore del rifiuto del governo di tollerare qualsiasi forma di politica curda: un accordo elettorale con un partito politico normalmente non verrebbe strumentalizzato per costruirci intorno un’accusa di terrorismo

In tutto questo ambaradan, David Bahceli ( il leader di estrema destra nazionalista alleato di Erdogan che ha, per primo, aperto a questo nuovo processo di pace) continua a pressare da ogni tribuna affinchè –invece- il congresso si tenga immediatamente, senza tenere in nessuna considerazione tutto quello di cui abbiamo parlato fin’ora. 

Così dissociato dalla realtà in questo suo insistere, da sembrare impegnato a recitare un copione, tutto quello che è strettamente funzionale a poter dire: vedi? Il pkk non ha mantenuto la parola e non si scoglie, sono un ostacolo al nostro progetto di una turchia libera dal terrorismo, loro sono i cattivi e noi buoni

E così poter procedere con la solita repressione. 

La questione però è, come si dice, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.

Il fermo e la detenzione di Imamoglu stanno scatenando ondate di manifestazioni e proteste partecipate da uno schieramento mai così largo. Sta facendo mettere insieme gente che altrimenti non starebbe insieme. La domanda è : non è che con questo attacco plateale al suo principale avversario, e con esso a quanto rimane della democrazia curda, Erdoğan non abbia commesso un errore di calcolo e innescato forze che potrebbero  portare alla sua stessa caduta?

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