Yesterday's Papers: Taiwan, Ucraina d'Oriente? di Michela Arricale
Nel podcast di oggi Michela Arricale affronta la situazione a Taiwan, una questione di grande rilevanza geopolitica, attualmente sottovalutata dai media occidentali.
Taiwan è teatro, da settimane, di massicce proteste guidate dal Kuomintang (KMT), partito storicamente nazionalista cinese, oggi fautore del dialogo con Pechino.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le manifestazioni non sono anti-cinesi, ma piuttosto contro la deriva autoritaria del governo taiwanese, guidato da Lai Ching-te del Partito Democratico Progressista (DPP), sempre più schierato su una linea fortemente anticinese e repressiva.
Il KMT, pur avendo una maggioranza parlamentare relativa, è oggi all’opposizione. È un partito con una storia complessa: dopo aver perso la guerra civile contro i comunisti cinesi, si rifugiò a Taiwan nel 1949 instaurando un regime autoritario e anticomunista noto come "terrore bianco", con decine di migliaia di arresti e migliaia di esecuzioni.
Solo negli anni '80, con Chiang Ching-kuo, figlio del leader storico Chiang Kai-shek, si avviò un lento processo di democratizzazione, parallelo alla normalizzazione dei rapporti tra USA e Cina continentale, culminata nel riconoscimento ufficiale di Pechino da parte americana nel 1979.
Negli anni più recenti, il KMT si è progressivamente avvicinato alla Repubblica Popolare Cinese, promuovendo cooperazione economica e culturale. Oggi è visto come il partito più filocinese dell’isola. Al contrario, il DPP – nato come forza di opposizione democratica – ha assunto toni sempre più autoritari e una retorica duramente anticinese.
L’attuale presidente Lai ha definito la Cina una “potenza straniera ostile” e ha adottato misure drastiche per contenere la presunta influenza cinese: espulsioni, limitazioni ai rapporti culturali e politici, sorveglianza sui cittadini e repressione del dissenso, anche simbolico.
Le proteste attuali sono proprio una reazione a questa stretta repressiva.
Nonostante i media tendano a riportare solo la versione del governo “democratico” che si oppone alla “dittatura” cinese, la realtà è molto più complessa: il Parlamento tenta di limitare i poteri presidenziali, e il presidente risponde accusandolo di essere al soldo di Pechino. In piazza, però, il KMT mobilita centinaia di migliaia di persone, mentre il DPP ne raccoglie solo poche migliaia.
Il contesto internazionale contribuisce a esasperare le tensioni.
La NATO ha già indicato la Cina come principale nemico strategico, e con l’elezione di Trump nel 2024 e la nomina del fanatico anticinese Pete Hegseth alla guida del Pentagono, la pressione su Taiwan è aumentata. Gli Stati Uniti hanno identificato la deterrenza di un’invasione cinese dell’isola come priorità strategica, rafforzando la presenza militare nell’Indo-Pacifico e spingendo Taiwan a riarmarsi.
Questo quadro rischia di alimentare un nuovo conflitto per procura nel Pacifico, travestito da difesa della democrazia.
Per questo è essenziale recuperare strumenti critici e conoscenze storiche per resistere alla narrazione tossica che si sta costruendo contro la Cina.
Ascolta Yesterday's Papers su www.radiograd.it - dal lunedì al venerdì alle ore 07:50 ed in replica alle 08:50
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